S.
MARIA DELLA CONSOLAZIONE
Isolata fuori dalla cerchia delle mura medievali sorge la
chiesa di S. Maria della Consolazione, un edificio rinascimentale
a croce greca con tre absidi poligonali e una, quella a nord, semicircolare.
Nel 1508 iniziarono i lavori di scavo delle fondamenta secondo il
disegno che con molta probabilità fornì Bramante. Un operaio era
intento a pulire dai rovi l’immagine a fresco della Madonna col
Bambino e santa Caterina d'Alessandria; con il panno che stava usando
si deterse un occhio semispento per una fastidiosa cateratta e questo
miracolosamente guarì. Il popolo accorse ed immediatamente i maggiorenti
della città decisero di innalzare alla Madonna detta appunto “della
consolazione” un tempio bellissimo e di grandi dimensioni. Quella
antica immagine è ancora oggi conservata nell’occhio centrale della
fastosa e barocca macchina d’altare .
Alla sua edificazione attesero artisti quali Cola da Caprarola,
Antonio da Sangallo il Giovane, Baldassarre Perruzzi, Galeazzo Alessi,
il Sanmicheli, il Vignola, Ippolito Scalza e furono utilizzate pietre
provenienti dalla demolizione della Rocca e dalle cave di travertino
di Titignano. Al di sopra dell'abside si leva una terrazza quadrata
con 4 aquile agli angoli e circondata da balaustra, e da questa
si sviluppa il tamburo della cupola, sovrastata dal cupolino e da
una croce di ferro. All'interno, in 12 nicchie situate nelle prime
3 absidi, sono collocate le grandi statue degli apostoli, opera
della scuola dello Scalza, e ad est si trova una grande statua lignea
raffigurante il papa di tuderte Martino I morto il 16 settembre
653 in Crimea dove era stato deportato.
CONVENTO DI MONTESANTO
Sorge su un colle situato ad ovest di Todi nei pressi di una
località denominata il Fornetto dove nel 1835 venne trovato, insieme
con rocchi di colonne, capitelli e fregi di marmo bianco, la statua
bronzea di scuola orvietana di antico guerriero, oggi pressi i Musei
Vaticani, dai più ribattezzato come Il Marte di Todi. Nell’alto
medioevo su questa altura, conosciuta con il nome di Monte Mascarano,
fu costruita una fortezza che doveva difendere Todi dagli assalti
della nemica Orvieto. Nel 1235 frate Ruggero da Todi, compagno di
S. Francesco, ottenne dall’abbazia di San Leuio il luogo per ospitarvi
un gruppo di monache francescane che al tempo di chiamavano Damianite
(dal convento d San Damiano in Assisi) e non ancora Clarisse. Trasferite
le monache in città dopo la peste del 1348 vi si insediarono i francescani
dell’Osservanza nati dalla riforma del 1373.Davanti all'edificio
si trova un tiglio secolare piantato secondo la tradizione nel 1426
in occasione della pridicazione di san Bernardino. Dal suo altare
maggiore proveniva la sontuosa pala d’altare rappresentante l’Incoronazione
della Vergine che in periodo napoleonico si tentò inutilmente di
trasportare a Parigi.
JACOPONE DA TODI
Nacque a Todi nel 1230, in una delle case dei Benedetti situate
nel rione Colle, vicino al Tempio di S. Fortunato a quel tempo posseduto
dai Camaldolesi. Esercitò forse la professione di procuratore legale
o di notaio, come si può desumere dal suo lessico personale e da
frequenti riferimenti contenuti nelle Laude. Da un manoscritto quattrocentresco
detto La Franceschina del padre Oddi apprendiamo che nel 1268 sposò
Vanna dei Conti di Coldimezzo che morì tragicamente durante un ballo
nel crollo del pavimento di un palazzo. Sul suo corpo Jacopone trovò
un cilicio e ne rimase sconvolto a tal punto da decidere di mutare
radicalmente la propria esistenza. Per dieci anni indossò l'abito
del "bizzoco", cioè il saio grigio, simile a quello dei francescani,
della penitenza iniziando così una vita basata sull'umiltà, sul
disprezzo della propria natura, sulle umiliazioni, nel tentativo
disperato di elevare la sua anima a Dio. Molti sono gli aneddoti
che riguardano gli strani atteggiamenti da lui adottati in questo
periodo: si dice ad esempio che girasse per la città ingiuriandosi
o addirittura nudo coperto di penne di gallina, o carico di un basto
d'asino con il morso fra i denti, tanto essere detto da una parte
della critica letteraria moderna "pazzo" o “folle di Dio”. I più
recenti studi hanno definitivamente ridimensionato questa presunta
follia derivata da un comportamento comune a molti penitenti del
tempo. Entrò forse nel 1278 nell'Ordine francescano già lacerato
da numerose tensioni interne, rappresentate dagli Spirituali da
un lato più rigorosamente aderenti allo spirito del santo fondatore
e dai Conventuali, che invece accettavano i compromessi e gli adattamenti
del tempo. Non vi sono documenti che lo attestino, ma probabilmente
Jacopone si schierò a favore dei primi per temperamento e per personalità.
Jacopone scelse la poesia nella forma d lauda perché ritenne
questo mzzo espressivo il più aderente alle necessità didattiche
che si proponeva per ammaestrare gli altri al raggiungimento della
perfezione. La stessa origine della lauda del resto era dettata
dalla necessità immediata e diretta di educare alla preghiera e
alla penitenza evocando i temi tradizionali della Madonna, dei santi,
della nascita e della Passione di Cristo. Merito del tuderte è quello
di averli rinnovati ed arricchiti con l’ispirazione dettata dalla
sua forte personalità così incline alla drammatizzazione del vivere
terreno rinnovati però dalla sua singolare personalità e arricchiti
da numerosi spunti autobiografici. Per la composizione dei testi
Jacopone approfondisce anche i propri studi teologici, ma la durezza
ed il doloroso cammino delle sue scelte lo portano a polemizzare
violentemente non tanto contro la dottrina, bensì contro gli atteggiamenti
più terreni e venali di molta parte della Chiesa che egli non volle
combattere perciò in quanto tale, ma perché portatrice di valori
assolutamente in contrasto con il rigido spirito francescano cui
egli cercava di informare la sua esistenza e che gli imponeva di
vedere in essa la “Mistica sposa” redentrice.
S. FORTUNATO
Innocenzo III nel 1198 consacrò un altare dedicato a San Cassiano
all’interno della antica chiesa di San Fortunato che reca però numerose
testimonianze della sua origine paleocristiana. Questa prima chiesa
di cui restano oggi i leoni stilofori del portale di ingresso, due
pulvini d’arte bizantinezziante ed una trasformati in acquasantiere
era orientata secondo l’uso corrente da ovest ad est e corrispondeva
alla Cappella Gregoriana a destra dell’attuale catino absidale Nel
giugno del 1292 si gettarono le fondamenta del nuovo sontuoso edificio
in purissimo stile gotico con impianto “a sala”. I minori francescani
ed il comune di Todi profusero nell’opera le loro migliori energie
almeno fino alla devastante peste del 1348 quando, secondo vari
indizi i lavori vennero sospesi per riprendere a seguito di una
riformanza comunale del 1405 che imponeva una tassa del due per
cento su tutti i passaggi di proprietà per finanziare la fine dell’opera
cui attese il maestro Giovanni Santuccio da Firenzuola ed il nepote
Bartolo. Intorno alla metà del ‘400 fu completata la bellissima
sezione inferiore della facciata. Una grossolana leggenda vuole
che non fosse terminata perché gli orvietani accecarono il Maitani
in quanto temevano che questi la facesse più bella di quella del
duomo di Orvieto. Tanto si narra ancor oggi in dispregio delle incolmabili
inesattezze storiche e cronologiche.
Alle tre navate, tutte della stessa altezza, corrispondono
tre porte esterne, una centrale, ad arco acuto abbellita da squisiti
bassorilievi rappresentanti i santi ed i profeti e da ornamenti
di tralci di vite (il bene) e di fico (il male ). All'interno, lungo
le A Inndue navate laterali, si aprono tredici cappelle. Di particolare
rilievo è un affresco di Masolino da Panicale situato nella IV cappella
di destra e raffigurante la Madonna in trono col bambino e due angeli.
Tutto il catino absidale è occupato da uno splendido coro
ligneo realizzato nel 1590 da Antonio Maffei da Gubbio. Nella cripta
si osserva il sacello dei santi e il monumento seèpolcrale voluto
dal vescovo Angelo Cesi per custodire le ossa di Jacopone che giaceva
dal 1432 nella sacrestia in un sepolcro semiabbandonato. Nel fastigio
Ferraù da Faenza ha dipinto il volto del poeta ispirandosi ad analoga
pittura rinvenuta sulla cassa quattrocentesca.
BIBLIOTECA
Anche se un primo tentativo di costruire una biblioteca pubblica
a Todi va datato intorno al 1813, solo nel 1875 vi fu istituita
la biblioteca comunale. In questo anno, infatti, Lorenzo Leonj riordinò
ed inventariò codici ed opere a stampa provenienti sia dall'ex convento
di San Fortunato che dalle biblioteche delle congregazioni soppresse.
Già nel 1867, tuttavia, per far si che la cultura non rimanesse
un privilegio di pochi ma appartenesse a tutti, Paolo Leli, formò,
con donazioni di privati cittadini una biblioteca circolante che
nel 1886 fu unita alla comunale. Nel 1920, con Giulio Pensi, la
biblioteca fu trasferita da San Fortunato al Palazzo Comunale dove
è rimasta fino al 1995. Terminati i lavori di ristrutturazione e
restauro del Complesso di San Fortunato, dal 23 maggio 2000 la biblioteca
è tornata nella sua sede originaria. Il patrimonio bibliografico
e documentario, costituito da circa 34.000 pezzi, si articola in:
fondo antico (che comprende, tra l'altro, 246 manoscritti databili
tra il X e il XVI sec., 66 incunaboli, e 1517 cinquecentine) e fondo
moderno (che comprende, oltre alle monografie, anche 837 testate
di periodici di cui 43 correnti).
CARCERE DI S. CASSIANO
Poco distante dal tempio di S. Fortunato, posto sul colle
della Rocca (il punto più alto di Todi), si trova il carcere di
S. Cassiano, una cisterna romana dove la tradizione vuole che nel
II sec. vi fosse rinchiuso il martire Cassiano. Più tardi fu trasformato
in oratorio cristiano e per molto tempo vi si conservarono le reliquie
dello stesso Fortunato, patrono della città.
La costruzione, di forma quadrangolare, presenta una porta
d'ingresso a tutto sesto che poggia sopra due rudimentali capitelli,
e due piccole finestre aggiunte successivamente
LA ROCCA Rappresenta il punto più alto della città
(m. 411). Fu fatta erigere nel 1373 da Papa Gregorio IX per confermare
il proprio potere sui todini. Per ricavare lo spazio necessario
furono demoliti il monastero di S. Leucio e molte case private facenti
parti del popoloso Borgo di San Giorgio Dopo alterne vicende, fu
demolita definitivamente nel 1503 da Ludovico degli Atti, e di essa
ne rimangono solo il grande torrione rotondo, "il Mastio", ed alcuni
resti delle opere di fortificazione.
CHIESA DI SS. FILIPPO E GIACOMO
Di essa si hanno notizie per la prima volta in un documento
del 1276, ed è perciò da considerarsi una delle più antiche di Todi.
La cripta, che originariamente era un luogo adibito a sepoltura,
risale però alla fine dell'XI sec., e su di essa è stata successivamente
costruita la chiesa, costituita da una grande aula con il presbiterio
rialzato. Nel 1600 è stata incorporata al vicino monastero benedettino
ed ha subito notevoli trasformazioni: chiusa la cripta vi è stato
sistemato un ossario, il pavimento, originariamente in pietra, è
stato rifatto in cotto, l'abside è stata chiusa da un muro , e la
copertura è stata sostituita da due volte a crociera in mattoni.
Anche la facciata è stata completamente modificata con l'apertura
di tre finestre, l'ampliamento del portale e l'erezione del campanile
a vela. Dopo essere stato sconsacrato ed avere ospitato una bottega
di falegnameria, l'edificio recentemente è stato restaurato rimettendo
in luce gli affreschi e gli ex-voto quattrocenteschi.